Quando si racconta dell’incontro con un gatto, spesso si sente dire: “Era destino”. Ma forse è più corretto affermare: “Incontrare questo gatto ha cambiato il mio destino”. Poche storie testimoniano meglio questa verità di quella di Walter Chandoha, per il quale l’incontro casuale con un gattino randagio segnò l’inizio di un percorso artistico lungo una vita. Percorso che ha addirittura creato un nuovo linguaggio visivo per rappresentare i gatti.

Un incontro che cambia tutto
Siamo nel 1949, un inverno gelido a New York: Walter Chandoha, giovane studente di marketing alla New York University e reduce dalla Seconda Guerra Mondiale, stava tornando nel suo appartamento di Astoria, nel Queens. In un vicolo, tra neve e ghiaccio, notò un piccolo gatto grigio che tremava dal freddo. Lo prese in braccio, lo avvolse nel suo cappotto e lo portò a casa: un dono inatteso per la moglie Maria, allora in attesa del loro primo figlio.

Quella notte, il gattino corse per tutto l’appartamento con un’energia incontenibile, sfrecciando da una stanza all’altra come se fosse posseduto. Maria esclamò divertita: “Quel gatto è loco!” — e così nacque il nome che sarebbe entrato nella storia della fotografia. Loco il gatto delle fotografie.
Loco e lo specchio
Loco non divenne soltanto un compagno affettuoso, ma la scintilla di un’intera carriera. Un giorno, durante le pulizie domestiche, il gatto si imbatté in uno specchio posato a terra. Alla vista del proprio riflesso, inscenò una vera e propria lotta contro la sua stessa immagine. Walter, colpito dalla scena, corse a prendere la macchina fotografica. Quelle immagini in bianco e nero, piene di vitalità e ironia, furono pubblicate in riviste e quotidiani in America e in Europa: da This Week negli Stati Uniti a Picture Post in Inghilterra, fino a Oggi in Italia e altre testate francesi e tedesche.

Grazie a quel semplice episodio domestico, Chandoha trovò un linguaggio che lo affascinava più di qualsiasi altra cosa: quello della fotografia felina. Loco aveva trasformato Walter in un fotografo di gatti.

Una nuova direzione
Il successo di quelle prime fotografie fu decisivo. Chandoha iniziò a comprendere che fotografare i gatti non era una semplice distrazione, ma una vera e propria vocazione. A metà degli anni Cinquanta abbandonò i suoi progetti legati al mondo della pubblicità e si affermò come il fotografo di gatti per eccellenza del suo tempo. I gatti — con i loro movimenti rapidi, il loro mistero, la loro capacità di incarnare tanto la dolcezza quanto l’indipendenza — divennero il soggetto principale del suo lavoro.

Nel corso della sua carriera, Chandoha creò un archivio di oltre 90.000 fotografie, molte delle quali finirono su centinaia di copertine di riviste, e pubblicò più di trenta libri. Le sue immagini apparvero ovunque, dalle mostre d’arte alle confezioni di cibo per animali, contribuendo a plasmare la cultura popolare molto prima che Internet trasformasse l’immaginario felino in un fenomeno digitale.
La sua capacità di catturare la grazia felina trasformò non solo la sua vita, ma anche l’immaginario collettivo: i gatti non erano più solo animali domestici, ma protagonisti di uno stile visivo che combinava arte, tecnica e sensibilità narrativa.

Il processo artistico e tecnico
Il lavoro di Chandoha non si limitava a fotografare i gatti: cercava di catturarne l’anima, di tradurre in immagini la loro essenza. Il suo metodo si basava su pazienza, sensibilità e un profondo rispetto per l’unicità di ogni felino.
Alla loro altezza: Chandoha fotografava i gatti assumendo il loro punto di vista, all’altezza del pavimento. Così facendo annullava la distanza tra umano e animale, garantendo al gatto un’importanza pari a quella di chi l’osservava.
Luce e dettagli: Le foto mostravano ogni vibrissa, ogni riflesso del pelo, illuminati con attenzione. Non era solo una volontà di creare fotografie dettagliate: le immagini avevano un’intensità che faceva sentire viva la presenza del gatto.

Tempismo e intuito: Più di tutto, la fotografia di Chandoha dipendeva dal sapere scegliere e anticipare l’attimo giusto per scattare. I gatti non posavano: saltavano, si muovevano silenziosi, si acciambellavano e si stiracchiavano. Il fotografo doveva essere pronto a cogliere quell’istante in cui si manifestava la loro personalità.
Questo modo di fotografare — delicato ma attento — trasformava ogni gatto da semplice compagno domestico a vero soggetto d’arte. Le immagini di Chandoha sono insieme affettuose e precise, giocose nel contenuto ma sempre equilibrate nella composizione.
Un’impronta duratura
Le fotografie di Chandoha non si limitarono a suscitare ammirazione: cambiarono il modo in cui i gatti venivano rappresentati nei media e nella cultura visiva. Prima del suo lavoro, i gatti erano spesso figure decorative o secondarie. Attraverso il suo obiettivo, divennero protagonisti, pieni di umorismo, eleganza e individualità.
La sua carriera anticipò ciò che l’era digitale avrebbe poi amplificato: la fascinazione per i gatti come simboli di carattere ed emozione. Molto prima dei video virali, c’era la fotografia di Walter Chandoha di un gattino che saltava, si stirava o fissava direttamente l’obiettivo, invitando l’osservatore a entrare nel suo mondo.

Quell’incontro che riscrive un destino
Potrebbe sembrare facile definire l’incontro di Chandoha con Loco come “destino”. Ma il destino suggerisce inevitabilità. La verità è più sottile e potente: incontrare quel gatto cambiò il destino di Walter Chandoha.
La decisione di raccogliere un gattino infreddolito nella neve non confermò un cammino già scritto: ne creò uno nuovo. Il duello allo specchio di Loco non rivelò un talento in attesa di emergere; costrinse Chandoha a riconoscerlo, coltivarlo e condividerlo con il mondo.
La sua storia ci ricorda che le svolte decisive della vita spesso arrivano senza preavviso, mascherate da incontri casuali, e che creature tanto piccole (come un gattino) possono cambiare le traiettorie più grandi.
Eredità di uno sguardo
Walter Chandoha fotografò gatti per oltre settant’anni, affinando un metodo che richiede pazienza, empatia e una conoscenza profonda del comportamento felino. Le sue immagini hanno influenzato generazioni di fotografi e, ancora oggi, raccontano l’essenza del gatto: elegante, enigmatica, sorprendente.
Tutto ebbe inizio con Loco, quel piccolo randagio incontrato per caso. Un gatto che non solo trovò una casa, ma aprì le porte a una nuova forma di espressione artistica. Un gatto che cambiò un destino.

Fonti
- Hunterdon Art Museum: Walter Chandoha: A Lifetime of Photography
- The New York Times: Obituary of Walter Chandoha (2019)
- Artnet: “Walter Chandoha, the Photographer Who Popularized Cat Pictures Before the Internet…”
- Vanity Fair: “Walter Chandoha’s Cat Photography: A 70-Year Love Story”
- The Guardian: “Walter Chandoha’s purrfect cats – in pictures”
- Wikipedia: Walter Chandoha
- Wired: “Meet the Godfather of Cat Photography”
- Instagram: “Walter Chandoha Archive”
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